Sono una coach e gran parte del mio lavoro consiste nel parlare con le persone. Inizio la mattinata con delle sessioni via skype, poi intorno alle 11 mi prendo una pausa e scendo al bar dove continuo ad ascoltare le vite degli altri. E talvolta racconto anche un po’ della mia. Il pomeriggio incontro i clienti di persona. Più tardi, vado a prendere le mie figlie a scuola e le seguo nei compiti e ci gioco anche un po’ insieme. Solo dopo cena, mentre mi confronto con mio marito sull’andamento della giornata, metto in ordine le diverse conversazioni e talvolta, mi accorgo di cose che sul momento non avevo notato troppo.
Una delle cose che nelle ultime settimane ha attirato la mia attenzione è un problema comune portatomi da almeno tre dei miei coachee di sesso maschile: “ho una relazione aperta con una donna molto bella e in carriera. Ma ogni volta che provo a parlare di famiglia e convivenza, cambia discorso. Credo che le donne di oggi non vogliono crescere. Vogliono rimanere giovani e spensierate”.
“Che male c’è se una donna vuole preservare autonomia e libertà”?, ho chiesto loro.
Tutti, chi in modo più netto chi più esasperato, ha richiamato alla necessità della tradizione, del “si è sempre fatto così, perché cambiare proprio ora”.
Il cambiamento non piace mai, ma è pur vero che ogni persona, uomo o donna che sia, deve poter vivere la vita che la rende più felice e non quella che gli altri credono che lei debba vivere. Lo so, discorso complesso. Ma è singolare che per riappropriarsi un po’ di loro stesse, molte donne siano portate a infrangere argini antitetici, lontani secoli dalle collaudate e sicure tradizioni. Estremizzando azioni, comportamenti e scelte.
PRINCIPESSE PAN
A questo nuovo desiderio così forte nelle donne fra i 30 e i 60 anni, è stato dato anche un nome: Principessa Pan.
Donne realizzate nella vita professionale, ma che nel privato mantengono comportamenti e scelte di look simili a quelle di una teenager. Il nome è mutuato da una etichetta solitamente affibbiata al genere maschile, quella di Peter Pan: dopo gli uomini incapaci di diventare grandi, ecco le donne che non hanno nessuna intenzione di crescere. Si legge nei vari blog specifici sull’argomento.
Non un’ossessione per bambine ma per donne nel pieno della loro vita, intraprendenti, dal look perfetto, corpo da top model. Ed è facile riconoscerle.
Sembrano più indipendenti, eppure il modello che interpretano non è così emancipato da svincolarsi dalle pressioni sociali che vogliono le donne sempre giovani, belle e desiderabili. Anche queste “principesse”, penso, tentano di sostare più a lungo possibile in quella nuova fase di vita inventata negli ultimi anni che non arriva mai alla maturità, tra adolescenza ed età adulta. Ma si tratta di un desiderio socialmente condiviso, anche dagli uomini. Le Principesse Pan mescolano tratti di Dorian Gray, per il bisogno di rimanere giovani, delle Quintastic (quelle che scoprono la vita dopo i 50) per il comportarsi sempre come trentenni, e di Peter Pan, per il rifiuto di assumere responsabilità in campo affettivo.
Un fenomeno sociale in forte ascesa ma non ancora diventato abitudine, capace di mandare gli uomini tradizionali in tilt. “Sono donne che hanno superato i trenta – spiega Tracy Mc Millan, giornalista nordamericana, che ne ha tracciato il profilo – concentrate su se stesse, non scendono a compromessi, libere, accumulano alti redditi e abitazioni di lusso. Senza vincoli, partner fisso e figli, dopo i quarant’anni passati mordono la vita con grande vivacità. Hanno 38 o 48 anni ma la loro testa è quella di una 28enne, se non di una 18enne. Donne avanti negli anni ma che non sanno ancora comportarsi da adulte. Eppure, sul lavoro sono molto apprezzate. Spesso svolgono professioni interessanti dando prova di responsabilità, fermezza e autodeterminazione”.
Ed è di fronte a queste riflessioni che mi sono chiesta perché sono così facilmente criticate. Forse perché la società vuole che le donne continuino a sognare il principe azzurro, formare una famiglia, mettere al mondo del figli. Mentre relizzarsi, esprimersi è qualcosa di più, a cui possono fare a meno.
Questo nuovo modello di donna è sicuramente molto lontano dai canoni tradizionali. Sono donne capaci di mettere al centro se stesse, rincorrono il potere professionale, rifiutano costrizioni che non siano per lavoro. E possono vivere comunque una vita eccezionale grazie alle loro risorse relazionali, amicali, professionali ed economiche.
Non è facile far ragionare i miei clienti uomini su questo. Eppure è indispensabile. E’ una nuova forma di libertà che, piaccia o meno, va accettata. E alle donne consiglio però di non estremizzare e trovare quel sano egoismo spesso considerato solo una chimera. Sarebbe già una grande conquista.
7 CONSIGLI PER LE DONNE CHE VOGLIONO INFRANGERE ANTICHI STEREOTIPI
Per trovare l’equilibrio, mettere in atto il sano egoismo, ecco 7 dei 50 consigli che prendo a prestito da Annalisa Monfreda, autrice di Come se tu fossi femmina, per diventare la donna emancipata che vuoi essere. Raccolta di insegnamenti che la Monfreda vorrebbe che le sue figlie padroneggiassero nella loro crescita: seguire i desideri, prendersi cura della propria felicità prima di pensare alla felicità degli altri.
I consigli voglIono essere un aiuto per uscire dagli stereotipi. Ogni volta che possiamo smentire uno stereotipo, contribuiamo a debellarlo per sempre. Non a caso l’ultimo insegnamento, il numero 50: “il modo migliore di combattere gli stereotipi è non permettere loro di condizionare la nostra vita”.
Stereotipo 1 – Prima il dovere e poi il piacere. Come annientare questa credenza limitante? Non perdere mai la strada del desiderio. “Noi donne lo facciamo spesso. Concentratissime nel portare a termine i nostri doveri, attentissime a far felici gli altri, finiamo per metter a tacere quella vocina interiore che saprebbe guidarci così bene. I desideri, più dei sogni, sanno farci felici. Perché sono a contatto diretto con il nostro io più profondo. Si aggiornano di continuo. Sanno ciò che ci fa stare bene qui e ora.”
Stereotipo 2 – Se pensi di non farcela, meglio che lasci perdere o rischieresti di fallire. E’ vero il contrario. Non c’è nulla che tu non possa almeno tentare. “No, non siamo wonder women e non abbiamo i super poteri. Ma per volerci bene e per avere fiducia in noi stesse, ci basta mettere in atto tutto ciò che è in nostro potere per raggiungere un obiettivo. L’autostima si nutre dell’impegno e dell’ostinazione, non dei risultati raggiunti.”
Stereotipo 3 – Ti sacrifichi per compiacere gli altri. Impara a prenderti cura della tua felicità.”È importante, tanto quanto quella degli altri. Come fai a prenderti cura della felicità altrui se prima non hai badato alla tua?“.
Stereotipo 4 –Prima di fare qualsiasi cosa ti preoccupi di che cosa pensi lui. Mai fare una cosa solo per compiacere un uomo. È la regola 14, forse la più importante. “Questo è ovvio. Ma succede, talvolta, che questa voglia di compiacere ci spinga a esplorare un territorio nuovo, a cimentarci con attività o passioni generalmente precluse al genere femminile. Succede alla mie figlie quando seguono il loro papà in mille avventure. talvolta, la voglia di compiacere ci può spalancare universi di conoscenza.”
Stereotipo 5 – Sei una donna e devi vestire in modo femminile. Vivi come una donna che si è dimenticata di essere donna. “È cioè una donna che parla, si muove, sceglie, decide non in quanto Donna, ma persona. Riempiendo così ogni sua azione e ogni decisione di una femminilità tanto più autentica quanto più inconsapevole.“
Stereotipo 6 – Non devi dimostrare niente a nessuno. Non avere paura della competizione. perché può essere lo sprone per dare il meglio di te. “La competizione, specie quella tra amiche, è ciò che spinge al massimo le nostre potenzialità. Cosa avrebbero fatto Lila e Lenuccia, le protagoniste della quadrilogia di Elena Ferrante, se ciascuna non avesse visto nell’altra l’amica geniale da superare“.
Stereotipo 7 – Ti piacerebbe iscriverti a Ingegneria, ma non è una facoltà da donna… Non è il sesso a determinare il tuo ruolo nella società. “Non sarà il fatto di essere nata femmina che può decidere la tipologia di lavoro che farai o i compiti che assolverai in casa. Saranno le tue più profonde inclinazioni, le tue passioni, i tuoi desideri. Ma devi imparare a riconoscerli in mezzo ai mille condizionamenti e distrazioni a cui sarai continuamente sottoposta.”
Insomma, non c’è nulla di male ad essere noi stesse. Se siamo realmente noi stesse. Solo così sarà più facile venire accettate e riconosciute dagli uomini, anche quelli molto ancorati alle rassicuranti e prevedibili tradizioni.