Share on facebook
Share on google
Share on twitter
Share on linkedin

CARO GENITORE, SE TUO FIGLIO E’ MALEDUCATO, LA RESPONSABILITA’ E’ TUA…

Stento a credere che possa diventare una verità scientifica ma, con una certa sicurezza, mi sento di sostenere che le parole che scegliamo di usare nei momenti di rabbia, arrivano da quel magma disordinato che nella mente diventa lava, inondando tutti i nostri discorsi e portando a riva poche parole. O meglio, parolacce facili, immediate, esplicative di tutti i nostri non detti.

E’ un discorso che vale per gli adulti così come per i bambini, tipo Alberto. Il figlio di Francesca, una mia coachee. Lui ha cinque anni e c’è una cosa che più di altre fa sentire orgogliosa la mamma. “Quando lo sgrido e lo costringo a fare qualcosa che non vuole proprio fare, urla per qualche minuto poi, al culmine della disperazione, sfoga tutta la rabbia nei miei confronti con una boccaccia. Non lo dico per spavalderia, ma perché Alby avrebbe potuto sostituire quella boccaccia, con parole irose come mamma sei una stronza”.

Francesca ha ragione, è raro che in casa si parli fra adulti senza ricorrere saltuariamente a parole maleducate. C’è un limite lecito entro cui è utile muoversi, per non sentirsi paralizzati nella comunicazione. Ed è anche vero che parole come stronza ormai sono sdoganate e udibili facilmente in ogni dove, ed hanno sostituito forme più demodé come birichino, marachella e attaccabrighe.

“Quella boccaccia è a tutti gli effetti un insulto urlatomi in faccia, il più violento, e dopo tutti i no che aveva in gola era, tra le armi a sua disposizione, la più potente e definitiva. Per questo ho sorriso”, prosegue Francesca.

Ricordo il mio esperimento da bambina quando decisi che ero pronta per dire una delle prime parolacce ai miei genitori. Avevo qualche anno in più del figlio della mia coachee. Scelsi la mamma. Il concetto che volevo esprimere in maniera brutale era “che noia”, e cominciai un giro larghissimo iniziando a dire “sono annoiata”, “uffi” e chissà quali altre parole prima di arrivare a sbottare, che era l’obiettivo finale. Ricordo ancora il suo sguardo e il suo disappunto.

“Non so come andrà con Roberto – Francesca mi distoglie dai miei pensieri – ma tra poco probabilmente assocerà alcune parole sentite in casa o nei cartoni animati, o nelle canzoni che si ascoltano per radio, a situazioni come quella di cui sopra e allora dimenticherà la sua boccaccia. Se dovrà offendere per un motivo che lo farà arrabbiare tanto da sentirsi bruciare, allora non avrà tempo di mettersi a sperimentare. Andrà diretto”.

Credo che Francesca dovrà aspettare qualche anno prima di sentirsi insultare in maniera più ricercata, poiché tutto intorno a lei converge in altre direzioni.

PERCHE’ UN BAMBINO DICE LE PAROLACCE

Sono tanti i motivi: per imitazione, sfogo, provocazione. Non sempre il bambino ne conosce il significato e le ripete senza l’intenzione che noi adulti diamo alla parola. Come reagire?

FINGI DI NON NOTARE LA PAROLACCIA

E’ sempre meglio fingere di non notare la parolaccia. Se il bambino ripete una brutta parola per attirare la nostra attenzione, per fingersi grande o per scatenare delle reazioni nelle persone che ha davanti, il modo migliore di reagire è non dare importanza. E’ meglio non sottolineare l’errore, evitando di alimentare l’eventuale ricerca di attenzioni particolari. Non raggiungendo l’effetto desiderato il bambino presto dimenticherà la parolaccia e smetterà di usarla. Se abbiamo il dubbio che stia cercando attenzioni, proviamo a osservarne il comportamento e a compensare o indirizzare questo suo bisogno. Non sempre i bambini associano il giusto significato a una parolaccia. Rimproverare un bambino piccolo perché dice parolacce non è un buon metodo per farlo smettere perché si rischia di vedere aumentare il suo desiderio di ripeterle.

DAI IL BUON ESEMPIO

Non possiamo chiedere a un bambino di non dire parolacce quando noi non perdiamo occasione per gettarle ai quattro venti. Al volante, a tavola, quando raccontiamo di un collega str…avagante, teniamo a freno la lingua. Per lo stesso motivo chiediamo ai fratelli più grandi, in genere più “disinvolti” nel linguaggio, di stare attenti quando parlano davanti a fratellini.

CERCA PAROLE ALTERNATIVE

Quando è arrabbiato vuole sfogare anche verbalmente i suoi sentimenti? Proponigli di individuare parole alternative e non offensive per esprimere rabbia, meraviglia, tristezza. Magari ne inventiamo qualcuna dentro casa, da usare come codice linguistico condiviso, che crea senso di complicità.

CERCA SFOGHI ALTERNATIVI

Dare pugni al pungiball, tirare calci col pallone, andare a fare una corsa, accarezzare il gatto domestico: ci sono anche altre modalità per scaricare i sentimenti negativi: ognuno potrà individuare quello più efficace.

GRATIFICALO SE RIESCE A TRATTENERSI

Se dopo qualche tentativo riesce ad evitare le parolacce che gli avevamo sentito pronunciare, gratifichiamolo. Potremmo, per esempio, creare una tabella dove disegnare la faccina sorridente il giorno in cui è riuscito a non dire parolacce e la faccina triste se ci è cascato di nuovo.
Oppure attribuire un punteggio ai giorni “virtuosi” e, quando si raggiunge un certo traguardo, si fa qualcosa di bello insieme.

INSEGNA A CHIEDERE SCUSA

Se è scappata una parolaccia offensiva contro qualcuno dobbiamo insegnare a nostro figlio a chiedere scusa: magari non si è reso conto della portata di quel che ha detto, magari sì, ma l’insulto è sempre sbagliato e deve scusarsi con chi è stato offeso.

FAI ATTENZIONE ALLA TV

Prestiamo attenzione al tipo di programmi che guardiamo in presenza dei figli: a volte anche in programmi “seri” come un dibattito politico si usa un linguaggio aggressivo. Per non parlare di certi reality e talk show. I bambini dovrebbero guardare solo programmi adatti alla loro età.

FALLO SENTIRE AL SICURO

Spesso i ragazzini dicono parolacce per imitare i coetanei percepiti come ‘forti’. Nel loro percorso di crescita i nostri figli incontreranno chi insegna parolacce o altre cattive abitudini, chi offre droga, alcol o altre tentazioni: ma se in casa i bambini e i ragazzi troveranno sempre accoglienza e regole, se in casa stabiliremo un rapporto di condivisione e fiducia, avranno la possibilità di riempire adeguatamente la loro personalissima ‘valigia della sicurezza’ e, quando vedranno qualcuno dire o fare qualcosa di sbagliato, non sentiranno alcun bisogno di distinguersi, di credersi forti o di sballarsi con certi strumenti, perché saranno consci di avere ben altre qualità per emergere e farsi notare.

Saluto Francesca e raggiungo le mie figlie ai giardinetti, quando una seconda scomoda verità si fa con tutta la sua brutalità, evidente.

Un bambino non rispetta la coda allo scivolo e spintona gli altri, pur di far prima. Una bambina cade a terra, sbucciandosi il ginocchio. Il padre, lì presente, ride soddisfatto e rivolgendosi a un amico “guarda mio figlio quanto è furbo, cosa si inventa pur di non fare la coda… E’ un vero duro”.

Una delle principali cause di maleducazione dei bambini, è il genitore… Purtroppo non tutti ne sono consapevoli! Forse l’esempio appena riportato vale come insegnamento, più di mille parole. A voi la scelta…