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E’ DAI BAMBINI CHE SI IMPARA A FARE DOMANDE per capire e per scoprire…

“Mamma, come sono nato?” “Mamma, perchè si muore?” “Mamma, come si fanno i bambini?”…

Chiunque abbia figli piccoli sa bene che fanno domande in continuazione. Uno studio dell’Università del Michigan dimostra che tra i due e i quattro anni i bimbi fanno domande semplici circa un terzo delle volte, e domande più complesse due terzi delle volte, per un totale di circa 300 domande al giorno, una ogni due minuti…

Nella maggior parte dei casi, gli adulti rispondono senza fornire reali spiegazioni. Ed è così che i bimbi ripetono la domanda, o provano a darsi una risposta da soli. Facendo domande, i bambini costruiscono, e gradualmente precisano, la loro immagine del mondo: entità, cause, effetti, relazioni.

I bambini chiedono “come?” e “perché?”. Non fanno domande solo per chiacchierare instaurando una relazione affettiva con gli adulti, ma per capire. Fanno domande da scienziato (perché l’acqua è bagnata? Come fanno i pesci a respirare nell’acqua? Perché i miei biscotti non parlano?). Fanno domande da filosofo (perché la nonna è in cielo? Perché ci sono le persone cattive?). Fanno domande da sociologo, da psicologo o da economista (perché devi andare a lavorare? Perché non ho una sorellina?).

Sembra che conoscano inconsapevolmente l’assunto: “per essere felici, occorre diventare saggi”. E per diventare saggi l’unica cosa da fare è farci tante domande, e lasciare che il mondo attorno a noi ne susciti di sempre nuove. È questo lo scopo della filosofia da secoli.

Dopo i 4 anni la quantità di domande poste decresce rapidamente e noi genitori possiamo tirare un sospiro di sollievo. Troppo spesso però dimentichiamo noi di farci una domanda fondamentale: “Come mai? Come mai all’improvviso non ci viene chiesto più niente”… non è di certo perché le domande si sono esaurite…

Ecco perché incoraggiare i nostri figli a chiedere è un buon modo per mantenere viva sia la relazione sia la curiosità intellettuale. Altrimenti, se disimparano a domandare, tornare a far domande da adulti risulterà estremamente difficile.

Durante i workshop noto sempre più spesso e invito anche voi a farlo, come l’interazione con il pubblico è ridotta al minimo (anche perché spesso chi prende il microfono non fa vere domande, ma comizi autocelebrativi). In ufficio, domandare sembra una perdita di tempo o un’ammissione di incompetenza. In casa, spesso lo scambio verbale si limita a elencare le cose da fare o i problemi da risolvere.

Tuttavia, fare (e farsi) domande è uno dei pilastri del pensiero creativo. La curiosità degli altri e del mondo è una delle caratteristiche delle persone creative. Dunque, dovremmo ricordarci con maggior frequenza che ogni domanda che rinunciamo a fare è un’occasione perduta non solo in termini di comprensione, di conoscenza e di relazione, ma anche in termini di invenzione. I bambini di quattro anni lo sanno benissimo.

In questo caso, imparare da loro può essere un ottimo consiglio!